venerdì 13 febbraio 2015

CILE, APERTURA ALL’ABORTO CON UN PROGETTO DI LEGGE


Sono circa 16,500 le donne cilene che, ogni anno, arrivano negli ospedali con gravidanze a rischio per malformazioni del feto incompatibili con la vita e per complicanze che minacciano l’esistenza della partoriente stessa. L’aborto però non può essere la soluzione perché non è concesso dalla legge che considera la pratica un reato. Oggi, infatti, in Cile l’interruzione di gravidanza può essere punita con pene dai 3 ai 5 anni di carcere. Dietro alle sbarre, dunque, le donne che hanno abortito perché vittime di violenza sessuale.

Secondo alcune stime, sono più di 130mila le gestazioni interrotte clandestinamente ogni anno. Impossibile, comunque, avere un dato preciso considerato che la pratica abortiva avviene illegalmente.

Eppure nel Paese l’aborto terapeutico è stato legale per più di cinquant’anni fino a quando è stato vietato nel 1989 dall’ex dittatore Augusto Pinochet. Sono seguiti 24 anni di democrazia in cui, a causa dei gruppi conservatori e delle pressioni della Chiesa cattolica, non è stata reintrodotta la possibilità di abortire.

Per segnare una frattura nel muro del conservatorismo religioso e politico e del bigottismo ipocrita che preferisce veder morire le donne per una preannunciata gravidanza a rischio piuttosto che fare un passo avanti verso un’autentica democrazia, bisogna attendere il 2014, anno in cui viene rieletta presidente del Cile Michelle Bachelet.

Durante il suo primo mandato da capo dello Stato iniziato nel 2006 e terminato nel 2010, Bachelet ha combattuto a lungo per garantire a tutte l’accesso alla pillola del giorno dopo. Ha anche diretto l’Un Women, l’ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’autonomia delle donne.

Punto di forza del programma politico del nuovo mandato di Michelle Bachelet è proprio la legalizzazione dell’aborto terapeutico. Il 31 gennaio di quest’anno (nella stessa settimana in cui sono state approvate le unioni civili anche per le coppie gay) viene, quindi, presentato in Parlamento un progetto di legge per eliminare, una volta per tutte, il divieto assoluto di interrompere la gravidanza.

Il disegno di legge depenalizza l’aborto in caso di stupro, di pericolo “presente o futuro per la vita della madre” e di “malformazioni fetali incompatibili con la vita extrauterina”. Concesso il diritto di obiezione di coscienza ai medici.

Forse, grazie a questo progetto di legge, le donne cilene potranno riappropriarsi di se stesse. Sono primi passi. Si spera diventino le impronte lasciate indietro da una democrazia che ha intrapreso il cammino del progresso partendo dalla salvaguardia dei suoi cittadini. Cittadine, per l’appunto.

(Fonti: lainfo.es – foto, distintaslatitudes.net – Internazionale)
 
 

Nessun commento:

Posta un commento